venerdì 21 agosto 2015

La Musica Rapita (2)

— Bene, ed io mi chiamo Zàgara. Piacere di conoscerti Sirio. — Disse la vecchia zia, poi si voltò verso le sue nipotine e raccomandò loro:
— Allora porterete queste cose a Sirio e anche tutto ciò ce vi chiederà. Va bene? — Le bambine annuirono e si misero subito a disposizione.
E Così, mentre la giovane ospite si allontanava accompagnata dalle sue nipoti, la zia Zàgara mormorò tra sé: “Ma che buffo nome è Sirio per una ragazza! Non l’ho mai sentito in tutta la mia lunga vita”.

— Rosa, posso chiederti perché mai festeggiate un matrimonio senza la vostra musica armoniosa? — Le chiese Sirio appena rimaste sole, ma Rosa non rispose subito. Sembrava impaurita.
Sirio però voleva saperne di più, ma non fece in tempo neanche ad aprire bocca per farle altre domande, che le sue cugine, Glicine e Margherita, dopo aver bussato alla porta, entrarono ridendo e saltellando felici, con in mano il telo e la veste per Sirio.
— Smettete di saltellare così. Che forse volete sparire anche voi? — Le sgridò Rosa. Poi, però, subito se ne pentì e si mise una mano sulla bocca. Ma ormai la frittata era fatta!
— Dimmi Rosa, che cos’è che ti fa tanta paura? Perché le tue cugine rischiano di sparire manifestando la loro felicità saltellando e ridendo? E perché non ci sono uccelli, api, farfalle... E non c’é la musica che tutta l’Irlanda dice sia la più bella del Paese? — Sirio le fece tutte queste domande, ma non ricevette risposta dalla bambina interrogata.
Infatti Rosa s’intimidì e si chiuse in un silenzio timoroso, ma Glìcine, la più piccola delle tre cugine, inarcò le sopracciglia come fosse indispettita e cominciò a rispondere con un tono alterato.

— Da quando c’è Acarus non si può più giocare, saltare, o cantare. Non si può più fare niente che ci diverta e che ci fa stare in compagnia piacevole. Tutta colpa sua! Ci fa sparire se cantiamo o balliamo. Non lo sopporto, quel mostro cattivo!!
— Zitta Glìcine, potrebbe sentirti... — L'avvisò Rosa, sempre più preoccupata. Si stava addirittura rosicchiando le unghie!
— Ma Rosa, cosa fai? Ti mangi le unghie? — La sgridò Margherita.
— Chi è questo Acarus? — Chiese infine Sirio.

— Ma come ti sta bene questa veste!!! — esclamò Rosa invece di rispondere alla domanda. Però era diventata un po’ triste, perché quel vestito le ricordava la sua mamma. Comunque, ora sembrava anche più decisa a parlare:
— Sai Sirio, quel vestito apparteneva a mia madre. Lei cantava spesso. La sua voce era meravigliosa e tutti si fermavano davanti la nostra casa quando la sentivano cantare. Però, un giorno si presentò questa forza misteriosa che la rapì. E non rapì soltanto lei ma anche tutti quelli che suonavano, o giocavano. La maggior parte del nostro villaggio è già sparita per opera sua, ed ora non
osiamo nemmeno saltellare, per paura che faccia sparire anche noi.
— E’ vero che la nostra musica è la più armoniosa e bella di tutto il Paese ma non possiamo più suonarla!
Sappiamo che questo essere si nutre della nostra felicità, così ci costringe ad essere tristi e seri.
— Ma è terribile! — Esclamò inorridita Sirio, poi il suo pensiero corse subito alle sue sorelle e ai canti sul Grande scoglio, nelle notti di Luna Piena. Forse anche loro correvano il serio pericolo di sparire.
— Dai andiamo! — La chiamò Glìcine tirandole un lembo della veste.
— Ci staranno aspettando per il pranzo! — Le fece eco Margherita. E infatti trovarono tutti i commensali già seduti ai propri posti, ma ancora non avevano cominciato a mangiare. Stavano proprio aspettando loro prima di iniziare.

Il cibo era squisito solo a vedersi e Sirio non si fece pregare più di tanto a partecipare al banchetto perché aveva davvero tanto appetito, e quindi assaggiò un po’ di tutto quello che c’era sulla tavola imbandita a dovere.
Inoltre, voleva anche far piacere all’intero villaggio, dimostrando che gradiva ogni cosa.
— Chi è Acarus? — Domando poi all’improvviso, ma ricevette solo un silenzio carico di paura dagli abitanti del villaggio.
Ancora una volta fu Glìcine a parlare. Era veramente arrabbiata e per farla tacere, avrebbero dovuto solo tapparle la bocca! Ma nessuno lo fece. Anzi, ognuno disse qualcosa:
— Acarus è qualcosa. Non è esattamente qualcuno, ma qualcosa. Non lo abbiamo mai visto così come vediamo ora te, ma quando fa sparire le persone lo fa con una specie di lampo. E’ come un fulmine che risucchia le anime e i corpi, e non lascia tracce.
— Ma se si nutre della vostra felicità, perché vi fa sparire? Non dovrebbe essere contento a sentirvi suonare e cantare? Non trovate ci sia qualcosa di stonato in questo modo di fare? — Chiese Sirio guardando tutti i presenti, mentre aspettava una risposta.
— Beh, ecco... noi non lo sappiamo. Ci ha soltanto detto che porterà via dal villaggio tutti coloro che suoneranno, canteranno, balleranno o giocheranno per tenerli prigionieri nel suo regno e per allietare le sue noiose giornate. — Così le rispose Margherita, mentre gli adulti riflettevano su quelle domande interessanti che non si erano mai poste fino a quel momento.
— Ah, ma allora parla, quel distruttore di armonia! — Esclamò Sirio.
— Sì, ci parla attraverso le nuvole. E’ lì che si nasconde. — Disse un altro ragazzino, mentre gli adulti continuavano a scambiarsi occhiate.
— E quando lancia i suoi lampi lo fa proprio da dietro le nuvole. E’ per questo che non lo abbiamo mai visto. — Affermò Rosa.
— Non possiamo fare nulla contro chi non si vede e contro chi può agire con una grossa magia, come quella che ci fa sparire! — Disse infine nonno Geranio.
— Eppure... c’è qualcosa che non mi convince. — Rispose Sirio, ma stavolta aveva un’aria davvero pensierosa.

— Non pensate anche voi che ci sia un controsenso fra ciò che dice e ciò che fa? Sembra piuttosto che il suo scopo sia quello di rendervi tristi, e vi intimorisce con le sparizioni per riuscirci. — Continuò a dire, ma ormai era come se parlasse a se stessa ad alta voce.
Aveva cominciato a camminare su e giù lungo il piazzale che ospitava il pranzo di matrimonio tenendo le mani dietro la schiena, mentre tutti gli abitanti del villaggio, ancora seduti al loro posto, la osservavano col cuore pieno di speranze.
— Credi sia possibile che la straniera possa liberarci da questa schiavitù? — Chiese zio Gelsomino a nonno Geranio.
— Ciò che dice potrebbe essere vero. Noi non ci avevamo mica pensato! — Rispose nonno Geranio.
In un primo momento si sentì entusiasta, quasi come se si fosse trattato proprio della risoluzione a quel grave problema. Tuttavia subito si rese conto che Sirio aveva soltanto visto l’altro lato di quel problema e non la soluzione, e perciò non disse più nulla e tornò pensieroso a sedere.
Ma lo Zio Gelsomino che aveva una certa fiducia in Sirio, le si avvicinò e interruppe i suoi pensieri chiedendole:
— Credi che potremo riuscire a sconfiggere Acarus?
— Oh sì che ce la faremo! — Esclamò Sirio con vigore. In fondo aveva raggirato la strega invisibile solo qualche settimana addietro, ed anche il terribile Azùr! E si sentì sicura di poterlo fare perché si ricordò anche di avere a disposizione tre delle sette conchiglie magiche che le aveva regalato suo padre, Re Nettuno.


— Posso ritirarmi in una delle vostre stanze, per riposare un po’? — Chiese a zia Zàgara quando si ricordò anche del dono che le fece il Signore della Saggezza.
Lui le aveva regalato quel cofanetto tanto speciale che ora poteva e doveva usare. Infatti, quello era proprio il momento giusto per aprirlo.
Comunque sapeva che bisognava usare molta cautela per riuscire a raggirare il pericoloso Acarus. Inoltre occorreva pure agire in fretta. Certamente, prima che facesse sparire tutti gli abitanti del villaggio!
— Ma certo che puoi, mia cara. Usa pure la mia stanza. — Le rispose, e poi rivolta a sua nipote continuò a dire:
— Glìcine, va con lei, piccola. Conduci Sirio nella mia dimora.
— Sì zietta! — Fece Glìcine mentre saltellava.
— No, no, cara. Non così. Camminando, camminando! — Si raccomandò zia Zàgara.
— Sì, va bene. — Le rispose ancora, ma questa volta con un po’ di tristezza.
— Su, su. Non essere triste. Vedrai che fra poco risolveremo questo impiccio di storia, e presto faremo una gran festa! — Intervenne Sirio, ma così dicendo i
bambini cominciarono a domandare dei loro cari, e quasi tutti assieme.
— Sì, ma senza la mia mamma?
— E il mio papà, allora?!
— E la mia sorellina?
— Riusciremo a riportarli tutti a casa?
— Sarebbe meraviglioso riuscire a farli tornare, ma questo non so se sarà possibile. — Disse infine Sirio.

La tristezza che regnava al villaggio, in quel preciso momento si sentì talmente forte, che qualcuno cominciò a piangere.
Sirio non disse nulla. Non sapeva proprio cosa dire, ma sentiva il bisogno urgente di stare sola con il suo cofanetto. Così chiamò Glìcine, e prendendola per mano le chiese di accompagnarla.
La stanza di zia Zàgara era molto semplice ed ordinata. Sirio ci si trovò a suo agio, ma prima di sedersi si guardò un po’ attorno per scegliere il posto giusto.
Non che ci fosse molto da guardare, visto che non c’era che un letto, un armadietto, un comodino e un gran bel vaso di fiori colorati e profumati. Ma null’altro che queste poche cose.
Dopo poco decise di sedersi al centro di quella stanza rotonda, poiché era il posto più luminoso in quel momento della giornata. E questo le piaceva.
Si sedette a gambe incrociate, poggiando pian piano il cofanetto davanti a sé, poi chiuse gli occhi per qualche minuto, e tenne le mani aperte verso la luce del Sole che passava attraverso le due finestre laterali.


Nel frattempo, fuori si stava creando un’atmosfera agitata, un certo fermento fra gli abitanti del villaggio.
C’era chi aveva paura, chi era pieno di speranze, chi aveva riacquistato il coraggio, e chi credeva che nulla avrebbe potuto sconfiggere quel malvagio di Acarus.

— Calma, Calma. Calmatevi tutti! — Disse col tono di voce autoritario, nonno Geranio. — Tutto questo trambusto potrebbe disturbare Sirio, eppoi, Acarus potrebbe accorgersi anzitempo che stiamo tramando contro di lui. Ci farà sparire tutti in un baleno, se non ci calmiamo subito!
Udite quelle parole, tutti cercarono di tornare pacati all’istante. Anche se quello non era proprio il loro solito modo di fare!
In fondo, fino a poco tempo fa, il villaggio di Cork era conosciuto come il più allegro, e quello era il loro modo di essere normali.
— Va bene. Hai ragione come sempre, nonno Geranio. — Disse per tutti zia Zàgara.
— Riusciremo a fingere tutto il tempo necessario che servirà per sconfiggere Acarus, vero ragazzi? — Chiese poi a tutto il villaggio.
— Sìiiii!!!! — Gridò con vigore e coraggio un coro di voci entusiaste.
— Ssssss!!!!! — Fece nonno Geranio con l’indice sulle labbra. Ma cercava pure di mascherare un sorriso.
Eh già, non poteva fare altro che sorridere davanti alla ferma e coraggiosa volontà che i suoi parenti ed amici avevano ritrovato. Ma non voleva darlo troppo a vedere.

Sirio li raggiunse poco dopo, e si vedeva da lontano che era molto più serena.
Glìcine non riuscì a fare a meno di andarle incontro, questa volta però, trattenendo non poco la sua voglia di saltellare.
— Vedo brillare una luce nei tuoi occhi, Sirio. Hai forse avuto una illuminazione?
— Oh sì, lo puoi ben dire, nonno Geranio!
— Sembri felice, ma non saltellare, ti prego. Altrimenti Acarus farà sparire anche te! — Le disse la piccola Glìcine, che pure cercava tanto di resistere dal saltellare.
— Non ti preoccupare, mia piccola amica. Tra pochissimo questo incubo sarà finito. E per riuscirci ho comunque bisogno di un’aiutante. Qualcuno di voi che
sappia cantare, beninteso!, dovrebbe fare da... esca. — Disse poi a tutto il villaggio.
Quanti furono i volontari che si offrirono, è inutile dirlo. Tutti, ma proprio tutti volevano andare con Sirio.
— Béh, ecco... c’è una cosa che dovreste sapere prima di decidere. In verità non so se riusciremo a far tornare le persone scomparse, ...compresa quella che miaccompagnerà nella missione. Però so di certo che sconfiggeremo Acarus, finalmente! — Disse infine Sirio, guardandoli tutti negli occhi.
Dovevano saperlo che forse, da quella missione qualcuno non sarebbe tornato. Quello di cui non poteva parlare invece, era il fatto che poteva usare i suoi strumenti magici.
Non poteva raccontar loro della conchiglia speciale che l’avrebbe aiutata a diventare invisibile ed entrare nel regno di Acarus. E non poteva parlare neanche del suo cofanetto, poiché sarebbero svaniti gli effetti particolari che sprigionava una volta aperto.Quei poteri erano fatti di una energia così pura, che non potevano essere davvero esposti a tutti, specialmente nella situazione così malvagia in cui si trovava tutto il villaggio. Sarebbe stato come invitare Acarus ad appropriarsene, per farne un uso scorretto, buono soltanto ai suoi scopi egoistici.

— Verrò io con te, Sirio. — Sono il più anziano, ed è giusto che sia così. Inoltre, so ancora cantare bene. — Disse nonno Geranio con un pizzico di orgoglio, ma non senza autorità. Lui voleva che fosse ben chiaro a tutti, che la decisione era stata presa ed era incontestabile, e che perciò sarebbe andato lui e senza altre inutili discussioni.
— Per me va bene! E se siamo tutti dello stesso parere, non mi resta che spiegarvi il piano. — Disse Sirio.
Ricevette un silenzioso consenso e tutti si riunirono intorno a lei. Senza dire una parola, aspettavano che parlasse. E lei, finalmente incominciò: