sabato 4 giugno 2016

Sanità e Santità (32)

ECG fatto! e cosa mi chiede innanzitutto l’ecografista? ha fatto radioterapia ultimamente? ma mica avevamo parlato di cancro eh? questo non fa che confermare (semmai ce ne fosse ancora bisogno) che radio e chemio terapie i “regalini indesiderati” li lasciano eccome, e sono pure indelebili! “persiste il versamento pericardico”. E inoltre abbiamo raggiunto anche un grado moderato per la sclerosi valvolare dell’aorta. Azz! (tenere sotto controllo).
Durante l’esame le dico che proprio nella parte laterale del torace, dove continua a spingere per controllare per bene (molto scrupolosa devo dire), mi fa male in particolar modo.
“Ma... ha avuto anche un versamento pleurico?”
“Beh sì...” e le racconto della crioablazione, quindi dopo aver visionato la parte che interessava l’esame in questione, mi chiede di sedermi e mi controlla il versamento pleurico.
“Questo non è lo strumento giusto, ma da quel poco che posso vedere devo dirle che un pochino di versamento ancora c’è. Dovrà fare una lastra per controllare meglio”. Ovviamente non sa che da lì ad una settimana ho l’appuntamento per la tac.

oh oh “un pochino di versamento ancora c’è”.
Ecco che mi tornano in mente tutte le volte che ho detto “faccio solo questo, che sarà mai!“ (una lavata al pavimento della cucina, il cambio lenzuoli, una passata di aspirapolvere, una lavata di piatti, una prova di guida “solo per qualche chilometro”, fino ad arrivare al cambio di stagione...). E mi tornano in mente anche le raccomandazioni (orali e scritte) del dottor Carmignani: “Stia a riposo”.
mmmmhhh
So che ci vuole riposo perché il versamento si riassorba, però (tanto per gradire) anche un fatto inaspettato accade quando esco per tornarmene a casa: la macchina non da più segni di vita. Cacchio!
Sicuramente è un “problema di elettricità”, non si accende neanche il quadro. M. vuole controllare i morsetti della batteria che non si siano allentati. Presto si rende conto che no, non è colpa dei morsetti allentati... Sono ben stretti.
Non abbiamo dubbi sul fatto che dobbiamo tornare a casa con l’unico mezzo che abbiamo per spostarci, quindi è deciso: in un modo o nell’altro la faremo ripartire.
Aiuto M. a spostare l’auto più in là. Pure essendo in due non ce la facciamo subito, ci vuole più di un tentativo (io non ce la metto tutta... mi fa male il torace).
C’è un ragazzo proprio lì davanti a noi, in attesa alla fermata dell’auto. Ci da una mano.
Ora sono alla guida per cercare di metterla in moto mentre loro spingono, ma non ci riesco. Cacchio!
Il ragazzo suggerisce a M. di mettersi alla guida. Non mi vede proprio adatta alla manovra dell’accensione a spinta, ma non è tutta “colpa” della mia “incompetenza”: la batteria è bruciata, scopriremo più tardi, completamente scarica!
Cambiano le postazioni. M. alla guida, il ragazzo spinge, e io? gli do’ una mano. Cacchio!
Neanche M. riesce a metterla in moto. Qui ci vuole un aiutino con i cavi. Abbiamo già provato a chiedere a qualche automobilista ma non sono stati molto altruisti.
Siamo su strada, dobbiamo accostare. Adocchiamo una piazzola dove c’è la fermata del bus. Resto in macchina mentre M. parte alla ricerca di qualcuno che ci aiuti a metterla in moto con i cavi. Trova un’anima pia con un furgone, quindi pure con una batteria potente. Dobbiamo “solo” entrare nel parcheggio ma è un po’ in salita. Altra fatica per il povero M. che gli tocca spingere mentre io sono alla guida. Il ragazzo è ormai salito sul suo autobus.
Raggiungiamo la posizione con inevitabile stress psico-fisico al seguito. Il furgone arriva. Si attaccano i cavi e... pure così a primo acchitto non si accende. Cacchio!
Ci vogliono almeno tre tentativi e alla fine l’auto si mette in moto. Possiamo tornare a casa!

Queste cacchio di batterie “moderne” ti lasciano per strada così, di punto in bianco. Non è che si comportano come le “vecchie” che almeno un minimo di avvisaglia la davano dando segni di “asma” quando stavano per scaricarsi.
Continuo a pensare che niente nella vita capita per caso (...) e che anche questo inconveniente avrà il suo perché (che ora davvero mi sfugge!).

Tra una settimana a Roma per la tac. La batteria è stata ovviamente cambiata e la macchina ora è bella che funzionante.
Arrivederci alle prossime avventure di Ten Ten


Bene, bene. Il 3 giugno è arrivato e alle 9.30, puntuale come un orologio svizzero, mi sono recata all’appuntamento per eseguire la Tac.
Sapete a che ora è toccato a me? Alle 11.45. Ed è stata una cosa talmente veloce che nemmeno mi hanno avvisata quando è stato il momento di iniettare il contrasto (di solito lo fanno), inoltre ora ho anche dei dubbi se hanno fatto quanto richiesto nella ricetta medica (tac trifasica).
L’impressione che ho avuto del San Camillo è stata la stessa di dieci anni fa: non è cambiata.
Cacchio!
E sapete perché sono riuscita finalmente a sottopormi all’esame dopo ben due ore oltre l’orario dell’appuntamento? Perché ho cominciato a spazientirmi, cosicché ne è nato un piccolo comizio fuori in sala d’attesa.
Facevano passare tutti coloro che si erano presentati dopo di me così, tra una sbuffata e un’altra, appena uscita l’infermiera a chiamare (non me) ho dovuto bloccarla e chiederle se fossi in lista!!
Cosa è diventato quell’ospedale con quei lavoranti svogliati, nervosi, e anche un po’ lascivi?
E’ bastato poco perché la mia spazienza (nuova parola per la crusca eh eh eh) si trasformasse in una lamentela collettiva...
Tutti avevamo sentito urlare l’infermiera in sala tac contro un altro infermiere che aveva introdotto una degente non deambulante (la stava conducendo distrattamente in realtà, perché oltre a far sbattere la barella alle porte di entrata, a momenti trancia pure le gambe di un utente seduto in attesa di sottoporsi all’esame): “porta via questa barella!!”.
Porta via questa barella?? ma guarda bene che sopra c’è una signora dalla veneranda età: non è una barella, è una degente e la stai pure spaventando!
“Non vedi che abbiamo un problema qui?” azz!! e mo’ che sarà mai ‘sto problema... se sarà mica scassato il macchinario?! Ma no, non si trattava di questo. Poco dopo vediamo uscire la signora che era entrata ben tre quarti d’ora prima, con un braccio fasciato e un po’ dolorante. Un fuorivena. Cacchio!!
Nel frattempo, uscita la signora richiamano la barella con la signora anziana, ma questa volta l’infermiere aggredito verbalmente vuole farsi aiutare da un altro che sta parlando con una ragazza (veramente sta facendo il salame!), e disturbato dal richiamo d’aiuto cosa gli risponde: “aho’ ma guarda che io mica sto a cottimo qua eh!?” così all’unisono pensiamo “aho’ ma guarda che tu stai a lavorà in un ospedale mica dietro ‘na scrivania, eh!?”
E questa è soltanto una piccolissima parte di quanto ho visto in tre ore di attesa in quella struttura ospedaliera!
Vabbeh, me devo fa ‘sta tac di controllo...
Finalmente tocca a me. Entro. Consegno il foglio di responsabilità che mi hanno fatto firmare (che non è quello delle informazioni sulle allergie) dove c’è scritto che il medico (puntini puntini da compilare) mi aveva informata dei rischi. Tra me e me penso, ma pure a voce alta eh!? “e chi ci devo mettere che a momenti neanche un infermiere ho visto ancora se non quello dell’accettazione?” lascio in bianco! (e male ho fatto! perché così gli ho dato modo di compilarlo dopo, invece dovevo barrare, metterci una croce su...)
Consegno le analisi del sangue e neanche me le guardano (che stress che c’ha addosso ‘sta qui!), forse perché in sala c’è un’altra infermiera (fa parte dell’altra sala tac, quella di fronte) che sa che fuori aspetta una utente “raccomandata” e lo sta dicendo all’infermiera già stressata di suo. #ah’nnamobene
Penso che sono passata da una struttura ospedaliera con un modus operandi pure troppo scrupoloso (dove non mi hanno sottoposto a tac per timore di allergie) ad un’altra con un modo di fare completamente opposto! Per non parlare poi del fatto che nel  primo ospedale mi avrebbero fatta attendere, dopo l’inserimento dell’ago cannula, che avessi finito di bere il mio litro di acqua, nel secondo ospedale non lo avevano neanche accennato alla necessità di bere acqua prima e dopo l’esame. E’ stato facile constatare che non era prassi farlo: ero l’unica sorseggiare acqua in attesa del mio turno. Poi mi sono decisa a chiederlo agli altri utenti, durante il “comizio”.
“A me non hanno detto niente!”
“Neanche a me”
(...)
Evvabbeh, spevatelo! bisogna berla ‘sta benedetta acqua in modo che poi il contrasto iniettato venga espulso quanto prima perché va a gravare sui reni, e non solo!

Dopo aver sbirciato distrattamente e avermi lanciato indietro il responso delle analisi del sangue, l’infermiera mi pone la domanda di rito: “perché fa questo esame”?
“Per controllo post cryo” rispondo secca. Si apre una finestrella...
“Cioè?” mi fa di primo acchitto, poi per non apparire ai miei occhi troppo a digiuno sull’argomento mi chiede gli esami precedenti. E da qui cominciano le domande a tambur battente, e io elargisco informazioni tenendo il ritmo.
"E quindi ora farà il controllo e poi andrà a Pistoia..."
"No, beh non c'è bisogno che arrivi a Pistoia per ..." non mi fa finire.
"Ma come? non glie la fa vedere la tac?"
"Certo che sì, ma gliela posso inviare via email, non c'è bisogno che ci vada personalmente a portargliela".
L'infermiera mi ripete la domanda ma formulata in altro modo e aggiunge: "ma non vuole sentire il suo parere...?"
Evidentemente non ha capito che con la rete si può fare anche questo, e così le rispondo:
"Gliela invio tramite posta elettronica, che tanto ci sentiamo spesso anche a 300 chilometri di distanza tramite la rete. E poi, se proprio dovrò andare, ma spero di no per motivi di salute, perché entrambi ci auguriamo che abbia inglobato tutto, ci andrò e semmai fosse il caso ripeterò il trattamento. Certo, è chiaro che preferirei più andarci per una visita di piacere..."
Visibilmente meravigliata, l'infermiera procede all'inserimento dell'agocannula e mi porta in sala tac.
L’esame si svolge in fretta.
Il medico si scarica il contenuto cd della tac-cryo e me lo restituisce.
Gli chiedo se può dirmi soltanto se ancora persiste il versamento pleurico ma nada! niente da fare neanche dopo una seconda richiesta: “le immagini sono grezze, non si vede... bisogna confrontarle con le altre...”
Rimpiango un po’ di non essere andata a Pistoia dal Carmignani a fare questo esame... Ma ok, è andata così, probabilmente dovevo fare questa esperienza, dovevo andare fino in fondo con la struttura ospedaliera alla quale mi sono sempre rivolta, nella quale ho trovato sempre gli stessi medici e infermieri che ormai trovo siano “cotti” e stanno contribuendo a lasciar morire il San Camillo,ospedale di eccellenza una volta!


Responso: tra una settimana.

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